La vite da origine ai grappoli d’uva che a loro volta inseguito alla fermentazione sono convertiti in vino. Ma cosa è esattamente il vino? Continuate la lettura se siete interessati all’argomento!
Nell’ambito alimentare, il mese di settembre vuol dire solo una cosa: Vendemmia! Per spiegare tutto il processo produttivo del vino, siamo partiti dalla materia prima: l’Acino. L’articolo precedente, invece, parla delle varietà di uva che vengono utilizzate per la produzione di vino, ben diverse dalle cultivar delle uve da tavola. Scoprendo, inoltre, che l’Italia è il secondo paese produttore di uva dopo la Cina.
Storia del Vino
Le origini del vino sono talmente antiche da affondare tra storia e leggenda. Alcune di queste fanno risalire l’origine della vite ad Adamo ed Eva, affermando che il frutto proibito del Paradiso terrestre fosse la succulenta uva e non la rinomata mela. Altre raccontano di Noè che, avendo inventato il vino, pensò bene di salvare la vite dal diluvio universale, riservandole un posto sicuro nella sua Arca. Infine, non possiamo dimenticare le leggende sul “nettare degli dèi”, regalato da divinità, come Bacco, Osiride o Dionisio, all’uomo.
In realtà, si ha testimonianza dell’esistenza delle viti sul nostro pianeta molto prima che l’uomo comparisse sulla terra. Erano soprattutto viti selvatiche, molte delle quali furono distrutte dalle glaciazioni.
Dal Caucaso, attraverso un processo durato alcuni millenni, la vite si diffuse attraverso i semi portati dagli uccelli migratori. Successivamente, gli uomini primitivi riuscirono, forse casualmente, a produrre vino. Ci sono, infatti, dimostrazioni remotissime che fanno coincidere le prime forme di produzione di vino al periodo del Neolitico: sono state scoperte alcune giare di terracotta di nove litri contenenti depositi di una sostanza secca derivante da grappoli d’uva di viti spontanee.
La diffusione della vite nell’antichità
La viticoltura si diffuse dai paesi caucasici attraverso tre tappe fondamentali:
1. La prima tappa del processo di diffusione della produzione di vino e della viticoltura va da 8.000 a 2.500 anni prima di Cristo. In questi millenni la vite si trasferì dal Caucaso all’Egitto, in cui la pratica della vinificazione era talmente consolidata che nel corredo funebre del Re Tutankhamon (1339 a.C.) erano incluse delle anfore contenenti vino con riportata la zona di provenienza, l’annata e il produttore. Si invase così la cosiddetta Mezzaluna Fertile, regione comprendente molti popoli, ai quali noi dobbiamo la prima coltura della vite e le prime testimonianze scritte della sua pratica.
2. Il secondo percorso va dal 2500 a.C. all’epoca romana, durante questa tappa dall’Egitto e dalla Mesopotamia la pratica della vinificazione si diffuse presso i Greci. Furono i Fenici a portare la vite e il vino in Grecia. Successivamente gli antichi Greci, verso il 730-720 a.C., colonizzarono l’Italia meridionale (Magna Grecia), facendo arrivare la coltivazione della vite nella Penisola. Nei poemi epici greci vengono elogiati spesso l’importanza del vino, nelle libagioni e nei banchetti, introducendo il culto di Dionisio, Dio della vite e del vino.
3. La terza tappa storica è quella dall’epoca romana. Dagli etruschi la vite e la produzione di vino si diffusero presso i romani. I Quali migliorarono le tecniche di coltivazione della vite ed affinarono tecniche di produzione del vino. Successivamente, grazie alle conquiste e all’espansione dei confini romani la vite si diffuse nella penisola Iberica, in tutta la Gallia e attraverso il Rodano, il Reno, il Danubio e nel nord Europa.
Nell’alto medioevo la viticoltura, con il crollo dell’Impero Romano d’Occidente nel 376 d.C., entra in una crisi profonda. Grazie al significato simbolico che il vino aveva nella religione cristiana, trovò protezione nei Monasteri, nelle Corti, negli ambienti ecclesiastici. Nell’Impero d’Oriente invece le tradizioni viticole continuarono indisturbate.
Intorno all’800, Carlo Magno ha il merito di aver fatto sì che la viticoltura tornasse a svilupparsi e a diventare, nuovamente, un’importante risorsa sotto il profilo economico. Ma fu nel periodo del basso medioevo che le tecniche di vinificazione fecero il salto di qualità. Vennero realizzate svariate innovazioni, quali la vinificazione separata per le uve bianche e rosse, la vinificazione specifica per le uve passite, la variabilità nella durata della macerazione delle vinacce, e l’introduzione dei filtri a sacco.
La scoperta dell’America portò grandi cambiamenti anche nella produzione del vino. Dal nuovo mondo furono importati nuovi vitigni selvatici dai quali derivano alcuni degli innesti ancora in uso oggi. Nel XVI secolo alcune tecniche per rendere più resistente il vetro aumentarono l’utilizzo delle bottiglie per il trasporto. Prima questo materiale era troppo fragile e al suo posto venivano utilizzate delle botti in legno.
Fra il 1850 e il 1870 le vigne europee furono attaccate da tre parassiti provenienti dalle Americhe (l’Oidio, la Peronospora e la Fillossera) provocando gravissimi danni alle piantagioni di vite. Le due grandi guerre del ‘900 diedero il colpo di grazia. Si cominciò, allora, a innestare i vitigni sfuggiti all’epidemia su viti di origine americana resistenti ai parassiti e si iniziò anche a utilizzare lo zolfo e altri prodotti fitosanitari. Dal dopoguerra si ricominciò a produrre vino in maniera massiccia, sfruttando, sempre più, le nuove tecnologie ma sempre con un occhio di riguardo alla sua gloriosa storia.
Definizione legislativa
In Italia, il R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 2033 così definiva il vino all’art. 13:
«Il nome di vino è riservato al prodotto della fermentazione alcoolica del mosto di uva fresca o leggermente appassita in presenza od in assenza di vinacce».
A livello internazionale opera nel settore del vino l’O.I.V. – Organizzazione internazionale della vigna e del vino, istituzione intergovernativa a carattere scientifico e tecnico, costituita in forza dell’accordo concluso il 3 aprile 2001 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2004. L’OIV formula raccomandazioni in materia di pratiche enologiche, che, pur non essendo direttamente vincolanti e cogenti, godono di grande autorità nel guidare le scelte dei legislatori nazionali ed internazionali, sia in sede di elaborazione delle normative che in sede applicativa. L’OIV nelle sue raccomandazioni ha così definito il vino:
” Il vino è una bevanda esclusivamente, risultante dalla fermentazione alcolica completa o parziale dell’uva, pigiata o meno, o del mosto d’uva. Il suo titolo alcolometrico acquisito non può essere inferiore a 8,5% vol”.
Tale definizione è in larga misura corrispondente a quella vigente nell’ordinamento europeo. Attualmente la definizione di vino è contenuta nel Regolamento (UE) n. 1308/2013, che recita:
«Il vino è il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche, pigiate o no, o di mosti di uve”.
Inoltre, il vino deve avere un titolo alcolometrico effettivo non inferiore a 8,5% vol, purché sia prodotto esclusivamente con uve raccolte in determinate zone viticole, e non inferiore a 9% vol per le altre; se si tratta di prodotti a denominazione di origine protetta o a indicazione geografica protetta, in deroga alle norme relative al titolo alcolometrico effettivo minimo, non inferiore a 4,5% vol. Mentre il titolo alcolometrico totale non deve essere superiore a 15% vol, fatte salve eventuali deroghe o in caso di particolari prodotti a denominazione di origine protetta o a indicazione geografica protetta.
Ulteriormente, gli Stati membri possono classificare come varietà di uve da vino soltanto quelle che appartengono alla specie Vitis vinifera o proviene da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis, ma non devono essere una delle seguenti: Noah, Othello, Isabelle, Jacquez, Clinton e Herbemont.
Classificazione vini
Per quanto riguarda la classificazione, nel corso degli anni ci sono stati interventi legislativi che l’hanno dapprima complicata e poi semplificata.
Classificazione Italiana
In Italia il primo intervento importante è stato quello del 1963 con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 930 relativo proprio alla tutela delle Denominazioni di Origine dei Vini, che li distingueva in: vini a Denominazione di Origine Semplice, vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC) e vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG).
Nel 1992 è stata varata una legge, la numero 164, che ha mantenuto le distinzioni del decreto n. 930, ma ha anche introdotto delle novità come le Indicazioni geografiche Tipiche (IGT). Questa legge ha innescato un meccanismo di classificazione piramidale dei vini con alla base i vini da tavola, poi i vini con Indicazioni geografiche tipiche, poi i vini di Origine controllata e al vertice i vini di Origine Controllata e Garantita.
Vini da tavola: alla base della nostra piramide troviamo i “vini da tavola”. Sono quei prodotti senza alcun riferimento geografico. Non ci sono regole per la varietà di uve utilizzate, le quali possono provenire anche da differenti zone geografiche.
Vini I.G.T. (Indicazione Geografica Tipica): questi vini sono caratterizzati dall’indicazione geografica di provenienza, del vitigno base e dall’annata di vendemmia. La particolarità, come il nome stesso già fa intuire, è che le uve devono essere raccolte per almeno l’85% dalla zona geografica di cui portano il nome. Oltre a questi elementi, devono essere rispettati alcuni parametri indicati all’interno dei disciplinari: resa massima delle uve per ettaro, resa di trasformazione delle uve in vino, gradazione alcolometrica minima naturale e vitigni di origine permessi.
Vini D.O.C. (Denominazione di Origine Controllata): sono prodotti in una zona geografica ben precisa e devono rispondere a delle caratteristiche chimiche ed organolettiche ben precise, fissate all’interno dei disciplinari. Il disciplinare prevede inoltre le tipologie di vino che è possibile produrre, i quantitativi di uva che si possono ottenere per ogni ettaro, le varietà che è possibile utilizzare, la gradazione alcolometrica naturale minima, il tipo e la durata di un eventuale invecchiamento. I controlli per questa tipologia di vino sono, come per gli I.G.T., di tipo chimico, ma in aggiunta a questi vi è anche l’analisi organolettica.
Vini D.O.C.G. (Denominazione di Origine Controllata e Garantita): siamo arrivati al vertice della nostra piramide. Le regole imposte da parte dei disciplinari sono più rigide ed hanno elevate qualità intrinseche, quando un vino è stato almeno 10 anni tra i DOC, può passare alla denominazione DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita), che conferisce ancora più prestigio all’etichetta. Non tutti i vini DOC diventano DOCG ma solo quelli che superano le analisi organolettiche e chimico-fisiche per certificare il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare. L’esame non viene effettuato solo sul vino in fase di produzione, ma viene ripetuto anche nella fase dell’imbottigliamento, dove un’apposita commissione procede anche all’assaggio, per una valutazione sensoriale. Se il vino non supera questi test, non può fregiarsi della DOCG sull’etichetta.
Classificazione Europea
Mentre a livello europeo con il Reg. (CEE), n.823/87, viene introdotto il concetto di vino di qualità in regioni determinate (VQPRD), tuttavia soltanto a livello nazionale c’era una legge che divideva i VQPRD in DOC o DOCG. Oltre a questa definizione, la normativa europea, nell’ambito della macrocategoria VQPRD, una suddivisione specifica per tipologia di vino ovvero:
- VSQPRD: Vino spumante di qualità prodotto in regione determinata;
- VSAQPRD: Vino Spumante Aromatico di qualità prodotto in regione determinata;
- VLQPRD: Vino liquoroso di qualità prodotto in regione determinata;
- VFQPRD: Vino frizzante di qualità prodotto in regione determinata (VFQPRD).
Dal 2009, però, con l’introduzione del regolamento n. 479/2008, in seguito alla decisione della Comunità Europea di riformare il settore vitivinicolo, la classificazione è stata semplificata, prevedendo soltanto la distinzione tra due categorie di vini: i vini con indicazione geografica (DOP e IGP) e i vini senza indicazione geografica.
Questo regolamento è stato recepito in Italia con il Decreto Legislativo 61 dell’8 aprile 2010, la nuova legge ha portato in sede comunitaria la prerogativa di approvazione delle denominazioni, mentre precedentemente si procedeva tramite Decreto Ministeriale. Da allora la classificazione DOCG, così come la DOC, è stata ricompresa nella categoria comunitaria DOP. Tuttavia, in Italia è ancora possibile utilizzare le sigle DOC, DOCG e IGT.
DOP (Denominazionie di Origine Protetta): Include le denominazioni DOCG e le DOC. Un vino assume il marchio DOP se è originario di una regione, un luogo determinato, o in casi eccezionali di un paese, le cui qualità e caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico e ai suoi fattori naturali e umani. Le uve utilizzate per la produzione di vini D.O.P., devono essere per il 100%, prodotte e vinificate nell’area geografica delimitata, questo significa che l’intero ciclo produttivo deve essere svolto all’interno della stessa zona. Inoltre, il prodotto deve essere ottenuto da viti apparteneti alla specie Vitis vinifera.
IGP (Indicazione Geograficha Protetta): sostituisce la sigla IGT. è il vino prodotto in una regione, in un luogo determinato, o in casi eccezionali un paese, le cui qualità, notorietà o altre peculiarità sono attribuibili a tale origine geografica. Le uve da cui si producono i vini I.G.P., devono provenire per almeno l’85% dall’area indicata, la produzione deve avvenire in detta area geografica, infine il prodotto deve essere ottenuto da viti apparteneti alla specie Vitis vinifera o da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis.
Vini senza Indicazione Geografica o senza Denominazione d’Origine che vanno sotto la denominazione generica Vino.
Etichettatura del vino
Per evitare ostacoli al commercio dei prodotti alimentari e vinicoli, l’etichettatura vino alimenti è disciplinata dal diritto dell’Unione Europea. Il testo base è costituito dal regolamento di Consiglio e Parlamento europeo UE/1169/2011. Le norme ivi contenute si applicano a tutti i prodotti alimentari e, salve le deroghe espressamente previste dal regolamento stesso, anche ai prodotti vinicoli. Al momento, tra le deroghe più significative per l’etichettatura dei vini, vi è quella che li esenta dall’indicare sia gli ingredienti, sia il contenuto calorico. L’etichettatura dei vini è però soggetta ad ulteriori disposizioni, specifiche invece per tale settore. Tali apposite regole sono contenute nel regolamento sull’OCM unica, nonché nell’apposito regolamento attuativo della Commissione (regolamento UE/33/2019, art.40 e seguenti).
Etichetta DOP e IGP
L’etichetta dei vini DOP e IGP, essendo la “carta d’identità” di vino, deve contenere specifiche informazioni:
– Obbligatorie:
- Nome del prodotto seguito dall’espressione “Denominazione di origine protetta” o “Indicazione geografica protetta” o, in sostituzione, dalla menzione tradizionale DOC/DOCG/IGT;
- Titolo alcolometrico volumico;
- Origine e provenienza;
- Riferimenti all’imbottigliatore (nome e/o marchio + indirizzo);
- Tenore zuccherino (solo per gli spumanti);
- Indicazione relativa alla presenza di allergeni;
- Lotto;
- Indicazione della quantità.
–Facoltative
- Categoria merceologica (vino, vino spumante, ecc.);
- Riferimenti (nome o marchio commerciale + indirizzo) ad altri operatori coinvolti nella filiera (es. produttore, distributore, ecc.);
- Utilizzo di termini quali abbazia, castello, rocca, ecc. riferiti all’azienda agricola ma solo se tutte le operazioni di trasformazione avvengono nell’area menzionata;
- Logo comunitario relativo alla presenza di allergeni
- Annata delle uve, solo se almeno l’85% delle uve proviene dalla stessa annata;
- Varietà delle uve, solo se rappresenta almeno l’85% delle varietà utilizzate;
- Tenore zuccherino (per i vini non spumanti);
- Indicazioni relative al metodo di invecchiamento e/o di elaborazione (es. superiore, novello, ecc.);
- Simboli comunitari della DOP/IGP, per distinguerli visivamente i colori del marchio DOP sono stati modificati da blu-giallo a rosso-giallo, in quanto anche i colori dell’IGP sono blu-giallo (Fig.23).
- Riferimenti al metodo di produzione (fermentato in botte, ecc.);
- Indicazioni relative ad unità geografiche più piccole della DOP/IGP, solo se almeno l’85% delle uve impiegate nella produzione del vino proviene da tali zone.
Vini senza denominazione
Per i vini senza denominazione di origine invece le indicazioni sono:
obbligatorie
- Nome del prodotto seguito e Denominazione di vendita;
- Titolo alcolometrico volumico;
- Origine e provenienza;
- Riferimenti all’imbottigliatore (nome e/o marchio + indirizzo);
- Riferimenti all’importatore (nome e/o marchio + indirizzo), se presente;
- Tenore zuccherino (solo per gli spumanti);
- Indicazione relativa alla presenza di allergeni;
- Lotto;
- Indicazione della quantità.
Indicazioni facoltative
- Riferimenti (nome o marchio commerciale + indirizzo) ad altri operatori commerciali coinvolti nella filiera (es. produttore, distributore, ecc.);
- Logo comunitario relativo alla presenza di allergeni;
- Annata delle uve, solo se almeno l’85% delle uve proviene dalla stessa annata;
- Varietà delle uve, ma solo se appartenenti alle tipologie ammesse dal Mipaaf, nella Circolare del 30/07/09 (cabernet franc, merlot, chardonnay, ecc.);
- Tenore zuccherino (per i vini non spumanti).
Spero di avervi coinvolto con l’intrigante, e ancora un po’ sconosciuta, storia del vino e della vite e incuriosito con il sistema legislativo! Ci vediamo nel prossimo articolo dalla Vite al Vino!
Fonti
-Albisinni F., Strumentario di diritto alimentare europeo, Utet Giuridica; 2020, IV.
-Charles T. Seltman (1957). Wine in the ancient world. London, Routledge & Paul
-Donà M., Filosofia del vino, Milano: Bompiani; 2007.
-Estreicher S. K, Wine: From Neolithic Times to the 21st Century, New York: Algora Publishing; 2006.
– McGovern P.E, Ancient Wine: The Search for the Origins of Viniculture, Princeton University Press; 2007.